Fratelli, fraternità e relazione fraterna
È sempre un’emozione riflettere su San Francesco d’Assisi, colui che visse e operò come nessun’altro al mondo, e che, nel suo “Cantico delle creature”, si sentiva fratello del sole, del mare, del vento, pure della “sorella nostra morte corporale” e si sentiva tutto unito col “prossimo tuo”. Mentre, con parole diverse, ma di pari sostanza, Papa Francesco scrisse nell’Enciclica Fratelli Tutti: “nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. […] La vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi”.
Con una visione ampia, si può facilmente notare che il bisogno di relazione fraterna è molto diffuso, e in particolare la fraternità è pienamente e quotidianamente vissuta nelle comunità semplici. Ad esempio, tra i Tiriki, uno dei sedici clan del popolo Abaluia del Kenya occidentale, esiste una forte interdipendenza, anche economica, tra fratelli e sorelle in età adulta, che lega tra loro pure figli e nipoti i quali vengono trattati con grande affetto, e possono trascorrere più tempo a casa dello zio o della zia, insieme ai cugini, che non a casa propria. Mentre è tradizione dei Tamil, un gruppo etnico del sud-est dell'India e del nord-est dello Sri Lanka, che i figli si sposino in ordine di età, ma i fratelli maggiori di fatto ritardano il loro matrimonio per assistere le sorelle fino a quando esse non hanno trovato un marito, e per contribuire con il loro lavoro alla costituzione della dote. Un altro esempio di modello sociale originale è quello dei Senufo della Costa d’Avorio, dove il matrimonio non implica l’uscita dalla famiglia d’origine, né una nuova residenza; i coniugi continuano a vivere ognuno nella famiglia e nella casa in cui sono nati, scambiandosi visite notturne, mentre i figli che nascono da questi incontri crescono nella famiglia della madre insieme a fratelli di sangue e a cugini che, accomunati dalla convivenza, rientrano tutti nella più vasta categoria dei “fratelli”. E poi, tornando a casa nostra con attento sguardo al passato, si constata con chiara evidenza che la libera e intensa circolazione di bambini tra famiglie imparentate o amiche, e la responsabilizzazione dei fratelli maggiori nei confronti dei minori, lo erano anche nella nostra Europa preindustriale.
L’industrialismo, com’è noto, ha apportato modifiche profonde al lavoro, alla struttura familiare e al sistema scolastico, e ne è derivata una impostazione dell’educazione dei bambini centrata sull’individuo più che sul gruppo, più di tipo competitivo che solidaristico, fino alle condizioni estreme quando sono in gioco convenienza e potere: la morte tua è la vita mia. E con la trasformazione della società anche la relazione fraterna si è trasformata, si è contratta e ha perso alcune delle caratteristiche che aveva nel passato. Nella famiglia urbana di oggi la circolazione degli affetti tra i fratelli è sicuramente contenuta e la responsabilizzazione reciproca è scarsa. La contrazione dei rapporti familiari potrebbe generare la necessità di essere recuperata altrove, fuori dalla famiglia, anche in realtà e in certi gruppi non pienamente tranquilli. Si sa che il cyber bullismo è una grande preoccupazione per i genitori, forse più dei problemi di salute e di benessere, tra l’altro di non facile soluzione.
Per concludere un pensiero al nostro futuro, e a chissà quali e quante mutazioni riserverà al vivere insieme, principalmente da quando tutta la “società del benessere” sarà in linea, senza eccezioni, con la spinta aggressiva e crescente della rivoluzione digitale, peraltro già avviata al presente. E chissà che ne sarà della fraternità, della relazione tra fratelli e della relazione tra le persone tutte. Una serena riflessone su questi temi, di sicuro, non è un esercizio inutile.